Dopo si faceva pagare, come una puttana qualunque e il denaro lo spendeva subito.
Entrava nella pasticceria tutta luci e specchi e le sue narici si riempivano dell’odore inebriante del burro e della cioccolata. Sprofondava nel morbido velluto delle poltroncine e aspettava che la cameriera sovrappeso, con la divisa grigia tesa all'altezza dell’ampio petto, la accogliesse, premurosa come una mamma.
Quindi si ingozzava di dolci, cheesecake, paste al cioccolato, crumble di mele. Finiva una porzione di torta e la mamma era lì, pronta ad accontentarla. E lei ordinava un’altra fetta lucida di glassa, spolverata di promesse di felicità. La punta della sua lingua era sensibile al sapore zuccherino e lei ci giocava, avanti e indietro nel palato, prolungando il piacere fino a che le mucose eccitate pretendevano una nuova zolletta.
Allora accoglieva il cucchiaio ricolmo come un’innamorata al primo bacio.
Quei pomeriggi pagava conti superiori alle cinquanta sterline.
Poi andava in bagno, attaccava la bocca al rubinetto del lavabo e beveva una grande quantità d’acqua. Quindi vomitava tutto.
Sollevando la testa dalla tazza del gabinetto si sentiva straordinariamente bene. Non era in grado di dire se prevaleva il piacere perverso della gola o quello masochista del vomito. O se entrambi contribuivano all’orgasmo che provava nel WC di quella pasticceria.
Niente a che vedere con il sesso meccanico che consumava con i maschi dai visi sbiaditi, negli androni male illuminati o sui materassi dalle lenzuola sgualcite.
L’amore era un biscotto alla vaniglia che si lasciava assaporare lentamente, sciogliendosi in bocca.
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